Esistono tipologie di virus e malware che potrebbero non essere subito visibili oppure difficili da scoprire dallo stesso software. Questi virus invisibili operano di nascosto all’interno dei sistemi informatici e vengono scoperti sempre troppo tardi!
Quali sono i virus più difficili da rilevare? Sicuramente quelli definiti virus invisibili. Oggi, soprattutto nelle aziende e nelle banche, avere un buon antivirus per proteggere in tutta sicurezza i dati informatici è un elemento essenziale, ma spesso non basta.
Purtroppo la tecnologia è amica anche degli hacker e sono state create diverse tipologie di virus e malware che potrebbero non essere subito visibili oppure difficili da scoprire dallo stesso software. Si usa molto dire che esistono virus invisibili che operano di nascosto all’interno dei sistemi informatici e che quando vengono scoperti risulta ormai troppo tardi.
Infatti, solo nel 2020, ci sono stati moltissimi attacchi hacker verso le banche, soprattutto in Nuova Zelanda, Ecuador, Australia e anche Germania.
Una delle più grandi aziende informatiche come Microsoft e l’ente della CISA (Cybersecurity and Infrastructure Security Agency) hanno pubblicato diverse comunicazioni sulla presenza di programmi hacker come Zloader, il quale ha l’obiettivo di introdurre malware nei sistemi informatici dei PC, utilizzando annunci pubblicitari AdSense come portatori di virus. Con questo sistema è molto semplice attaccare in incognito qualsiasi tipo di computer, anche quello del tuo ufficio senza che tu possa accorgerti di nulla.
Questa strategia criminale è stata adottata soprattutto in ambito finanziario, creando molteplici varianti di trojan o malware pericolosi, proprio come la “variante Zeus”.
Perciò, è bene sapere quali tipi di virus sono maggiormente difficoltosi da identificare anche dagli stessi antivirus, così da monitorare con più frequenza la sicurezza e i movimenti informatici dei propri computer, soprattutto in ambito aziendale o bancario.
Un virus definito “metamorfico” si traduce in un malware che ha la capacità di creare di nuovo il proprio codice identificativo, con l’intento di non essere riconoscibile dal programma antivirus ogni volta che prova ad infettare il computer.
Infatti, questa tipologia viene riconosciuta una volta dal software di sicurezza, ma la sua struttura permette di ricreare più volte il suo codice sorgente, cambiando anche lo stesso motore di trasformazione. In questo modo, l’antivirus non riesce sempre a riconoscerlo nell’immediato, ecco perché è considerato un virus molto difficile da identificare e altrettanto rischioso. In pratica è come se ad ogni riavvio del computer possa esserci un nuovo virus che il sistema dovrebbe scoprire.
Il consiglio, in questi casi, non è solo monitorare le azioni dell’antivirus, ma anche utilizzare tool specifici per il controllo dei movimenti in un determinato lasso di tempo.
A differenza dei malware metamorfici, i quali sono in grado di cambiare tutto il loro codice sorgente, i virus “polimorfici” trasformano solamente una parte del loro codice identificativo.
In questo modo, eliminano solo una parte creandone un’altra totalmente diversa, per essere comunque sempre attivi e presenti nei database dei PC.
Di solito, questa tipologia di virus utilizza tecniche di crittografia dei propri codici, facendo rimanere invariato il motore di creazione automatica. Trattandosi di “generazione virus per crittografazione”, l’individuazione del malware è praticamente impossibile o quasi da parte dei sistemi di sicurezza standardizzati.
Ci sono dei casi in cui nei software installati nei PC oppure direttamente nell’hardware si possono verificare dei “difetti informatici”. Questa sorta di anomalie, che in realtà identificano dei punti di vulnerabilità, non sono state modificate e possono essere più facilmente attaccabili da virus. Dato che nulla è stato variato e che tali punti di debolezza sono presenti “naturalmente” nel sistema, vengono definiti “zero-day”.
In molti casi, gli antivirus non sono in grado di riconoscere la cosiddetta vulnerabilità zero-day a causa della loro struttura criptata e quindi per evitare una infezione bisogna prima identificare eventuali errori definiti di buffer overflow.
Se non si dovessero monitorare e modificare queste vulnerabilità zero-day, allora è possibile essere infettati da virus ransomware, i quali sottraggono e crittografano tutti i dati del PC attaccato.
Un esempio è appunto il caso di Wanna Cry, il quale a causa di diverse vulnerabilità non modificate di Windows 10 è riuscito a contagiare tutti i dispositivi e sistemi connessi alla rete comune.
Un virus rootkit viene definito come uno dei più pericolosi malware informatici: infatti, questa tipologia di infezione informatica può essere perenne nel proprio PC, se non venisse identificata ed eliminata.
Il rootkit, una volta entrato nel dispositivo, si avvicina non solo al sistema operativo del PC, ma direttamente all’hardware, cambiando il firmware dell’apparecchio e sorvegliando, così, ogni dato e informazione presente nel computer e in trasferimento da e verso la rete. Questa è una tipologia di virus che riesce ad andare oltre i rilevamenti di qualsiasi antivirus, perciò non è semplice eliminarla una volta entrata nel dispositivo.
Infatti, nemmeno un ripristino oppure una formattazione del computer potrebbero risolvere il problema e a volte potrebbe comportare la sostituzione dell’hardware. Fortunatamente ci sono dei sistemi chiamati Secure Boot che sono in grado di tutelare tutti i segmenti per avviare i dispositivi, garantendo così una salvaguardia diretta dalla codificazione dei codici infetti.
Esiste una tipologia di virus informatico, chiamato Zloader, il quale rientra nella cosiddetta variante Zeus. Questo malware colpisce maggiormente i sistemi finanziari, infatti risulta essere in circolazione dal 2006.
Zloader agisce immettendo nei PC un codice nocivo, il quale è in grado in seguito di rubare tutti i dati inerenti alle credenziali memorizzate sui dispositivi, ai cookies e anche a password per piattaforme in cui sono presenti informazioni sensibili (come nel caso delle banche).
Il virus non è facilmente codificabile dagli stessi antivirus, poiché riesce a nascondersi con facilità dai monitoraggi dei software di sicurezza.
Esso, infatti, ha anche la capacità di disinserire le funzionalità di controllo di Windows Defender, ovvero il sistema di sicurezza basilare incluso nel pacchetto Windows.
A causa della presenza di codesti malware, pericolosi per la sicurezza dei dati personali degli utenti, le banche stanno cercando di installare e utilizzare tool per scansionare al meglio eventuali minacce informatiche, utilizzando anche strumenti idonei alle app utilizzate dalla clientela per accedere al proprio account. Gestendo meglio una organizzazione di smistamento delle informazioni su “cloud” specifici, proteggendo inoltre in modo completo gli EPP e EDR, le banche e le aziende finanziarie potrebbero essere maggiormente protette da minacce informatiche, bloccando anche eventuali tentativi provenienti dalle inserzioni di Google.